IL PORTALE MAGGIORE DELLA CATTEDRALE GENOVESE DI SAN LORENZO
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IL PORTALE MAGGIORE DELLA CATTEDRALE GENOVESE DI SAN LORENZO
Michel Pastoreau in un suo simpaticissimo libretto intitolato: ”Blu storia di un colore” (Milano, 2002, Ponte alle Grazie) scrive, a un certo punto, di prelati cromofili e cromofobi.
Siamo sul finire della prima metà del XII sec.
Nell’ambito di uno di quei tanti Medioevi che, in questo caso, in Francia, vede l’affermarsi, ormai evidente, del Gotico.
Cromofilo è l’abate Suger (Saint Denis 1081-1115); mentre come rappresentante dei cromofobi, Pastoreau cita San Bernardo (Fontaine, Aube 1090- Clairvaux, Aube 1159)
Per il primo (come per gli Abati di Cluny che l’hanno preceduto) ” Nulla è troppo bello per la casa di Dio” Quindi dipinti, smalti, sculture, oreficerie, stoffe, vetrate e ancora vetrate, zeppe di temi testamentari.
Per Suger Saint Denis, che è la “sua” abbazia (nonché Pantheon dei sovrani Francesi) diventa un grande scrigno splendente di fulgidi e raffinati cromatismi.
San Bernardo predica, al contrario, la più assoluta austerità.
Le sue chiese conventuali appaiono spoglie e quasi spartane.
Le immagini sacre sono rare (solo i Crocefissi sono ammessi) e i colori praticamente banditi.
I giochi cromatici sono quelli grigi della pietra ed è la sola luce che ravviva mura, colonne e membrature. Le radici di questo contrasto sono antiche.
Infatti già secoli prima esistevano sostenitori dei colori intesi come luce e quindi simboli dell’immaterialità dello spirito.
E, al contrario, fautori di teorie che considerano i cromatismi solamente aspetti della materia.
Tutto questo ci è venuto spesso alla mente osservando la facciata della Cattedrale genovese di San Lorenzo ove spicca lo straordinario portale maggiore che si pone come protagonista principe dell’insieme architettonico.
L’imponente organismo, che incide con fortissima plasticità sul prospetto, è datato al primo quarto del Duecento, risultando così fra i primi esempi di Gotico in Italia. Evidentemente è opera di maestranze d’oltralpe, di grande sensibilità e raffinatezza che veicolano a Genova una cultura figurativa variegata e composita.
Stupefacente portale dalla cromia a dir poco accesa. Accesa ma non immediatamente percepita in tutta la sua eccezionalità. Un poco perché tutti siamo schiavi di una concezione anticromatica dell’architettura e ancor più della scultura e un poco perché il tempo, complice l’attivo fantasma di Winckelmann, ha dilavato i più accesi colori che lo ricoprivano.
Eppure il “bosco” delle colonne, dritte, tortili, gemmate è composto dai più variegati marmi.
Il tutto intrecciato con minute e preziose decorazioni floreali e stellari che occhieggiano dal fondo.
A pensarlo poi tirato a lucido, come certamente era un tempo, la mente si sente immersa vieppiù in visioni da caleidoscopio.
E il biancore (oggi un po’ grigio) della serie compatta dei capitelli non deve trarci in inganno, perché un tempo erano dipinti d’azzurro intenso, come è testimoniato da tracce di tal colore ritrovate nelle zone meno esposte alle ingiurie del tempo e, direbbe Pastoureau, dei cromofobi.
In alto Cristo Giudice.
Oggi l’orientamento degli edifici sacri non è più in voga, anzi è considerato dai “modernisti” una sorta di superstizione. Ma in tempi anche non lontani, l’abside doveva porgere a Oriente e la facciata, ovviamente a Occidente.
Cosicché, nell’arco di un gio rno, il trascorrere del sole ci offre l’alba della Creazione e, sull’altare, l’apparizione dell’Incarnato. “Sol Invictus”, morto e risorto nel Sacrificio Mattutino. E di poi, al tramonto, che è segno della fine dei tempi, il Signore che, in maestà, appare pronto a giudicare le genti di tutti i secoli: tribù, imperi, paesi e nazioni.
Nel portale genovese Cristo troneggia nella sfera più alta, circondato da quell’immaginifico Tetramorfo che, da sempre, è radicato nella paurosamente mistica visione di Ezechiele.
Ora, a ben guardare, il grande altorilievo è costellato di frammenti musivi che, oggi, si addensano soprattutto sulla struttura del trono.
Inoltre la presenza di numerosi incavi, circolari e ovoidali, che costellano la grande corona e le vesti del Signore, presuppongono, ben altri elementi cromatici. Stucchi? Paste Vitree? O addirittura Cristalli?
Il nimbo poi reca tracce di un prezioso colore azzurro, sostituito quindi con una doratura che doveva apparire splendidamente sontuosa.
Sotto il Cristo e il tetramorfo si sviluppa la scena del martirio di san Lorenzo, Patrono della cattedrale.
Anche qui, soprattutto ai lati, i residui di elementi vivacemente cromatici sono numerosi.
Tessere musive, paste vitree e ancora frammenti ceramici, testimoniano di un mondo fortemente colorato che, a nostro avviso, doveva invadere le vesti, le acconciature e le anatomie dei numerosi personaggi presenti in scena.
Sotto la graticola del Santo sono poi dipinte rosse fiammelle lumeggiate di bianco.
Ma stupefacente è la presenza di un complesso sistema di tubicini e ugelli che, partendo dalla controfacciata, doveva far si che, in speciali occasioni, del vero fumo emergesse dagli interstizi della graticola.
Questo sistema, che non sai se definire immaginifico o fortemente realistico, ha origine all’interno, sulla destra, appena sopra il grande architrave. Qui sono i resti di un tubo spezzato e piegato ed è evidente che da questo si diramava, nello spessore (enorme) della muratura, una numerosa serie di tubicini che si ramificavano fino a raggiungere l’esterno. I piccoli tubi, che terminano a forma di ugelli, sono distribuiti strategicamente ai lati della graticola (all’altezza dei mantici degli aguzzini) e fra gli spazi della griglia di tortura.
I prelievi di incrostazioni all’interno degli effusori hanno evidenziato una forte presenza di residui carboniosi.
E quindi evidente che, nella controfacciata, veniva accesa una qualche sostanza i cui fumi, convogliati nei tubicini, sfociavano all’altezza della graticola del martire.
Infine è palese che l’inusitato e fantasiosissimo sistema è nato esattamente con la costruzione della facciata.
Dunque un immenso portale dall’apparato bicromico, con colonne di lucidissimi marmi variegati e preziosi. Capitelli neo-corinzi azzurri e oro. Tessere musive, paste vitree, cristalli dorature, colori e colori e, infine, fiamme e fumi.
Una vera e propria Sacra Rappresentazione in pietra, immaginifica, vivacissima e più che emozionante.
Il trionfo genovese dei cromofili.