Per arte islamica si intende l’insieme della produzione artistica che, a partire dall’Egira (622 d.c.) fino al XIX° secolo, con un periodo di particolare fulgore tra il XII° e il XV° secolo, fiorisce ricchissima in territori culturalmente legati all’Islam: la Spagna, il Medio Oriente, il Nord Africa, fino all’India settentrionale, e a Nord l’odierno Uzbekistan fino a raggiungere i confini dell’Impero Cinese. I contatti culturali e religiosi con il mondo greco, bizantino, mediterraneo e la rielaborazione in chiave semitica delle tradizioni passate (caratteristica soprattutto del primo periodo) danno all’arte islamica un grande impulso creativo: assorbe le suggestioni delle civiltà che l’hanno preceduta, e si arricchisce di motivi e tecniche attinte all’arte locale, rinnovandole in un’esperienza inedita e originale. Si sviluppa su una direttrice di sorprendente omogeneità, un’identità definibile come islamica che poggia sulla calligrafia e sui motivi ornamentali geometrici e floreali, pur senza impedire la libera crescita di linguaggi specifici. Essa riguarda ambiti assai vari, e non solo religiosi: l’architettura, la calligrafia, la pittura, la miniatura, la ceramica, la pietra intagliata, il legno scolpito e intarsiato, la lavorazione dei metalli, l’oreficeria, la tessitura, ecc. I primi manufatti islamici sono molto difficili da distinguere da quelli preislamici, sassanidi e bizantini; è con il califfato degli Omayyadi (661-750), che inizia la fioritura dell’arte islamica propriamente detta, che poi svilupperà e si estenderà durante i vari califfati che si succederanno in diversi ed estesi ambiti territoriali: gli Abbassidi (750-1258, che spostano la capitale da Damasco a Bagdad), i Fatimidi (909-1171), i Selgiuchidi (1037-1299), gli Ayyubidi (1169-1260), i Nasridi (1230-1492), i Mamelucchi (1250-1517), i Safavidi (1501-1732), i Mongoli(1526-1858,) e gli Ottomani (1299-1924).

Achitettura

La prima grande innovazione dell’arte islamica riguarda l’architettura, con una tipologia di edifici completamente nuova, sia in ambito religioso (moschee, madrase), che civile (fortezze, alcàzar, caravanserraglio, bagni pubblici). La aniconicità della religione (anche se limitata, appunto, alla produzione legata alla sfera religiosa), non favorisce lo sviluppo della scultura e della pittura figurativa come in Occidente; da questo interdetto ha origine la ricchissima tipologia decorativa dei rivestimenti di stucco, formelle, mattonelle invetriate e mosaici, che attraverserà tutta la storia della civiltà e dell’arte islamiche, sostituendo i dipinti. Si afferma raffinandosi sempre di più un linguaggio ornamentale ispirato alle forme geometriche, ai caratteri dell’alfabeto arabo e alle forme vegetali, rielaborate e intrecciate, dalla cui stilizzazione derivano i cosiddetti arabeschi.

Arti applicate

Uno degli aspetti più notevoli della tradizione artistica islamica è rappresentato dalla lavorazione della ceramica, tecnica che fu oggetto di interesse paragonabile a quello riservato alle arti maggiori in altre culture, e che si evolve e arricchisce anche grazie all’incontro con le tradizioni dei paesi conquistati. Si usa la tecnica dell’ingobbio, rivestendo gli oggetti di una patina incisa a graffiti, oppure il decoro a lustro, tecnica derivata dai maestri vetrai egiziani, che integra un sottile strato metallico nella ceramica creando effetti cromatici iridescenti. Stimolante l’incontro con la porcellana cinese che porta in Egitto a una produzione monocroma, a vernice turchese; straordinarie sono le ceramiche cosiddette champlevé, derivanti dalla tradizionale tecnica dell’ingobbio. I più bei manufatti sono quelli realizzati fra il XII° e il XIII° secolo con la ceramica laqabi, incisa a stecca e impreziosita da colature di colore, minai, di grande fantasia e splendore cromatico, lyvardina, di magnifiche tonalità lapislazzuli. Nel vasellame di uso quotidiano, accanto alle forme tradizionali (come i piatti con brevi iscrizioni tra cui spiccano quelli iraniani di Nishapur), si trovano manufatti di grandissima ricchezza formale, come i pezzi zoomorfici. Famose le ceramiche di Iznik, con delicati motivi di tulipani o giacinti, che ornano il Topkapi Sarayi di Istambul. Anche il legno può diventare decorazione raffinatissima, attraverso l’intaglio e una lavorazione ad intreccio di particolare delicatezza e bellezza, come nella Maschrabiyya, la caratteristica grata finemente traforata che scherma le aperture; oppure può essere impiegato nella costruzione di manufatti raffinati, spesso legati al culto, come i leggii per il Corano, o i minbar (sorta di pulpito), lavorati secondo la tecnica del mosaico ligneo ad incastri (kundekari), utilizzata soprattutto dai Turchi. Grandissima importanza viene data alla lavorazione dei metalli. Soprattutto nell’area compresa fra Persia ed Egitto, fra XI° e XV° secolo, raffinatissime botteghe artigiane producono eleganti manufatti, generalmente in bronzo e ottone (l’Islam scoraggia l’uso di vasellame d’oro e d’argento): vasellame da tavola, utensili, bruciaprofumi, specchi, bracieri, armi e armature, attrezzi e strumenti scientifici e chirurgici, candelieri, rare appliques per mobili, cofanetti per completi da scrittura. In questa produzione riveste un ruolo particolare la tecnica impropriamente detta della damaschinatura, consistente nell’applicazione su una superficie metallica lavorata a bulino di sottilissime lamine di metalli differenti, per creare iscrizioni o disegni. Si lavorano con grande perizia anche l’avorio, intagliato e intarsiato, il cristallo di rocca, per farne rarissimi recipienti, il vetro, su cui si sperimentano nuovi metodi per creare oggetti intagliati, smaltati e decorati a stampo (per lo più coppe e lampade), fabbricati soprattutto in Siria nel XII secolo, riconoscibili per la decorazione a iscrizioni e fasce di disegni. Legata in modo particolare alla dinastia mongola è invece l’arte dell’oreficeria, grazie anche alla ricchezza e varietà di pietre presenti nel sottosuolo indiano, loro territorio, mentre durante il regno Ottomano si diffonde l’uso di ricoprire di pietre preziose o semi-preziose anche semplici oggetti d’uso. Altro importante settore delle arti decorative islamiche è rappresentato dalla lavorazione del cuoio, sia per rilegare i libri (anticamente decorati con incisioni a bulino e disegni geometrici a rilievo, e poi, dal Cinquecento, dorati e dipinti a smalto), sia per produrre finimenti per cavalli e oggetti destinati alla falconeria. L’altra tipica e importante forma di artigianato che si fa arte sono i tappeti. Legati inizialmente al nomadismo (con il tappeto si fanno sacche da viaggio, si costruisce la tenda, si prepara il giaciglio), sono realizzati con lana colorata con sostanze naturali, e tessuti su un semplice telaio di legno, utilizzando colori e disegni tradizionali della tribù, che permettono di stabilire con esattezza la provenienza del manufatto. In base alla tecnica, i tappeti si dividono in quattro tipologie principali: annodati (goliboft, i più pregiati), tessuti (kilim), ricamati (jijim), con punto a catena (sumak). I tappeti si classificano in base alla loro provenienza da una delle quattro aree principali: il Caucaso, caratterizzato da un disegno geometrico; l’Anatolia, con motivi geometrici intrecciati e ripetuti (famosi in Europa gli Holbein e i Lotto, così chiamati dai nomi dei pittori che spesso li hanno riprodotti); l’Iran, impreziosito da motivi floreali e figurativi di grande raffinatezza, caratterizzati da nodi più piccoli (senneh); l’Asia Centrale, con prevalenza di motivi floreali geometrici. La forma pittorica, bandita dalla decorazione degli edifici, si volge all’illustrazione dei manoscritti: le miniature più antiche e ricche giunte fino a noi sono quelle che accompagnano la traduzione araba dei testi scientifici greci, con paesaggi vivaci di un’ingenuità affascinante, mentre le delicate miniature persiane del periodo mongolo hanno come tratto saliente i paesaggi, l’attenta rappresentazione del movimento e la complessità delle composizioni, come nello splendido esempio del Libro dei Re (XIV° secolo). Un discorso a sé merita la calligrafia, la forma di espressione più schiettamente islamica, che nulla mutua da altre culture. Nella civiltà islamica è considerata una forma artistica a se stante, articolata e completa, basata su un preciso codice e su complessi principi geometrici e ornamentali, il cui valore estetico è percepibile anche per chi non conosca l’arabo. Nel VII° secolo si sviluppano due principali tipi di scrittura: una forma corsiva, curva e tonda, e una geometrica, quadrata e severa, detta cufica (dalla città irachena di Kufa), adottata per scrivere il Corano, per decorare edifici (assumendo talvolta la forma di fregio continuo), per decorare oggetti metallici, tessuti, ceramiche e, se tracciata a smalto, per i lumi delle moschee e altri recipienti di vetro. (mb49)

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