Micromosaico vaticano raffigurante la veduta del Pantheon
visto da Piazza della Rotonda rione Pigna centro storico di Roma
Misure: 17 x 12,5 cm

Lo Studio del Mosaico Vaticano, ospitato oggi nell’antico Ospizio di Santa Marta, nella Città del Vaticano, è uno storico istituto che ha circa tre secoli di vita. Annesso alla Reverenda Fabbrica di San Pietro (l’istituzione pontificia preposta alla cura della Basilica), nasce nel 1727,  in seguito alla decisione  di Papa Benedetto XIII Orsini (1724-1730)  di  creare un corpo stabile di mosaicisti che assicurino il completamento della decorazione musiva di San Pietro. Era stato Papa Gregorio XIII Boncompagni (1572-1585) a chiamare a Roma gli abilissimi e famosi  maestri veneziani che, insegnando la tecnica ad allievi del posto, creano una prima équipe di mosaicisti romani. Si inizia con la decorazione della Cappella Gregoriana, nel 1578,  utilizzando gli smalti prodotti a Venezia, miscele di vetro colorate in fusione con ossidi metallici, e adoperando  come fissatore uno speciale stucco a base di olio di lino, la cui ricetta, gelosamente custodita per oltre quattro secoli, viene ancora oggi usata dai mosaicisti dello Studio. Parte integrante del programma decorativo è la sostituzione dei dipinti originali con copie in mosaico non deperibili, e quindi già nel 1600 la Reverenda Fabbrica di San Pietro promuove ricerche mirate a trovare composti vetrosi in grado di imitare la pittura, privi di quel riflesso scintillante tipico degli smalti veneziani, che li rende soggetti alle alterazioni cromatiche legate alle condizioni della luce. La rivoluzione avviene intorno al 1730, quando il fornaciaro Alessio Mattioli riesce a produrre una nuova qualità di smalti, caratterizzati da opacità, e producibili in una scala cromatica molto estesa (che nel tempo arriverà a 28.500 tonalità), i cui colori più noti  sono la scorzetta (colore simile all’arancio), il porporino, le carnagioni (paste adatte alla composizione degli incarnati delle figure). Infine nel 1731 viene costruita una fornace direttamente in Vaticano. Ma la  storia del mosaico romano ha in serbo ancora una importantissima novità: intorno al 1770  Giacomo Raffaelli e Cesare Aguatti scoprono che gli smalti, sottoposti nuovamente  al calore della fiamma, si trasformano in una sostanza malleabile, adatta ad essere filata (gli smalti filati, appunto). Tale operazione permette di ottenere bacchette lunghe e sottili, ottima matrice per tessere piccolissime, di sezione inferiore al millimetro e di lunghezza non superiore a due o tre millimetri, ben diverse dai tradizionali smalti tagliati a  martellina o col tagliolo. Aguatti inoltre riesce a produrre  bacchette in cui si mescolano più toni di colore  che le rendono variamente sfumate: questi smalti, detti malmischiati, si rivelano straordinari nella resa dei più sottili trapassi di luce, permettendo  una mirabile riproduzione di fiori, alberi, architetture. E’ la nascita del mosaico minuto, micromosaico,  realizzato per essere visto da vicino. Si inaugura una stagione nuova della storia del mosaico, che viene utilizzato per decorare piccoli oggetti di vita quotidiana: scatole, tabacchiere, gioielli,  ricercatissimi dall’aristocrazia laica e religiosa, da viaggiatori stranieri, diplomatici e regnanti in visita ufficiale: è un successo, anche economico, di enormi proporzioni, tanto che nel 1795 la Fabbrica di San Pietro decide di introdurne la lavorazione all’interno dello Studio affinché esso possa inserirsi nel mercato in concorrenza con le botteghe private romane fiorite in gran numero. Lo Studio del Mosaico Vaticano riprende  vigore: i suoi mosaicisti sono chiamati in Francia, Inghilterra, Milano e  Napoli, per insegnare questa  nobile e redditizia arte. Gli stessi Papi incominciano a commissionare allo Studio  preziosi doni per i sovrani europei, come il celeberrimo tavolo con la rappresentazione dello scudo di Achille, che papa Leone XII Annibale della Genga (1823-1829) dona nel 1826 al re di Francia Carlo X. I temi preferiti dal gusto neoclassico di fine 700 sono le allegorie e i soggetti   mitologici, eseguiti a monocromo su fondo scuro: tra i più replicati la tazza con le colombe, descritta da Plinio il Vecchio nella sua Naturalis Historia. Gli artisti sono molto influenzati anche dalle scoperte archeologiche, e riproducono spesso la  tomba di Cecilia Metella, la Piramide di Caio Cestio, il Pantheon. Dalle incisioni di vari artisti della seconda metà del 1700, tra i quali in particolare Domenico Pronti, i mosaicisti traggono ispirazione per creare vedute di Roma e suggestivi paesaggi  con  ruderi antichi, o ancora si ispirano a dipinti di Salvator Rosa e Claude Lorrain. Molto frequenti anche le vedute-ricordo, che prediligono i Fori Romani e la Basilica di San Pietro. Nell’800 i temi cambiano: si compongono scene con  animali, spesso raffigurati  in scene di lotta, mentre il tema floreale è affrontato  per dimostrare il proprio virtuosismo esecutivo. Molto apprezzate anche le figure in costume tradizionale, usate spesso come elemento decorativo  per collane, spille, ciondoli. I manufatti raramente sono  firmati: il primo ad apporre il nome sulle proprie opere è Giacomo Raffaelli (1753-1836). Artista di grande levatura e pioniere del  micromosaico, lavora anche fuori dello Stato Vaticano, fondando una scuola di mosaico a Milano (famosa la riproduzione del Cenacolo di Leonardo, oggi alla Minoritenkirche di Vienna). Ricordiamo poi Domenico Moglia (1780-1862), autore di straordinarie decorazioni floreali, il figlio Luigi (autore di bellissime figurazioni animaliste), le vedute paesistiche di Antonio Aguatti, specializzato insieme a Clemente Ciuli e Liborio Salandri (attivi nella prima metà dell’800) nella rievocazione dei miti di ambientazione classica. Caposcuola del genere è Michelangelo Barberi (1787-1867), autore di una meravigliosa  serie di piani da tavolo decorati con la rappresentazione dei maggiori monumenti di Roma e d’Italia, la cui fama induce lo Zar Nicola 1° a chiamarlo in Russia per fondare lo Studio Imperiale del Mosaico di San Pietroburgo, su modello di quello vaticano.  Oggi lo Studio del Mosaico Vaticano, sotto la direzione della Fabbrica di San Pietro, ha una duplice funzione: la conservazione dei mosaici della Basilica (con interventi mirati di restauro), e la produzione di opere musive per la vendita al pubblico. Grazie all’abilità e all’esperienza dei suoi mosaicisti, si eseguono opere ispirate ai capolavori dell’arte sacra e profana, antica, medievale, moderna e contemporanea. Lo Studio esegue anche lavori su commissione di qualsiasi dimensione. Negli ultimi anni sono stati eseguiti lavori per molte parti del mondo: Stati Uniti, America Latina, Medio Oriente e Africa.

 

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