Sèvres porcellane

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Paul Petrovitch, 1773 – Museo nazionale della ceramica, Sèvres

La manifattura delle porcellane di Sèvres, sorta nel 1738 nel Castello di Vincennes, ottiene ben presto l’appoggio del re Luigi XV e di Madame Pompadour, che desiderano contrastare l’egemonia delle porcellane di Meissen. Fin dagli inizi la produzione si distingue per la decorazione perfetta (famosa la decorazione ad occhio di pernice, o caillouté), e le forme eleganti, raffinate e piene di grazia, che costituiscono la prerogativa saliente del gusto francese dell’epoca; nella manifattura esiste addirittura, fino al 1753, un reparto esclusivamente femminile, la fleurisserie, dove giovani donne compongono con le loro agili e delicate dita bellissimi fiori simili a quelli veri. I suoi celebri biscuits, delicate figurine, deliberatamente lasciate senza smalto per distinguerle dalla produzione policroma tedesca e avvicinarle alla fredda bellezza del marmo, sono richiestissimi. Nel 1756 la fabbrica viene trasferita a Sèvres, cittadina a metà strada tra le Tuileries e Versailles, in un edificio appositamente costruito dall’architetto Lindet; nel 1759 passa sotto il completo controllo della Corona, con il nome di Manufacture Royale de Sèvres. Il successo è enorme, sebbene all’inizio produca solo porcellana tenera (porcelaine de France), conosciuta oggi come vecchio Sèvres. Infatti soltanto nel 1770 la manifattura inizia la commercializzazione di opere in porcellana dura (detta porcelaine royale), dopo la scoperta del primo giacimento di caolino in Francia, nei pressi di Limoges, nel 1768. Al successo delle porcellane di Sèvres contribuiscono artisti di talento; François Boucher e Duplessis père (rispettivamente pittore e gioielliere del re) creano i raffinati disegni che lo scultore Etienne Maurice Falconet modella in delicate figure di naiadi, bagnanti e giochi infantili (la Bascule, le Baiser donné, le Baiser rendu). All’aristocrazia europea piacciono i magnifici servizi da tavola (famoso il prezioso servizio da tavola verde mela di 500 pezzi, che Maria Antonietta, regina di Francia, dona nel 1777 al fratello, l’imperatore Giuseppe II°), i centrotavola, le tazze, le coppe, le ceneriere, i vasi, gli oggetti ornamentali, le statuette, le piccole sculture, il cui fascino è dovuto anche anche all’inusuale armonia di insoliti colori: l’esclusivo bleu de Sèvres, incorporato nello smalto, e poi il turchino oltremare, l’azzurro turchese, il verde persiano, il verde mela, il giallo giunchiglia, il rosa Pompadour, il violetto. E quando il gusto del tempo cambia passando dal barocco al neoclassicismo, la produzione, sotto la direzione di Louis-Simon Boizot (1773-1800), si volge ad allegorie e soggetti mitologici; durante il Direttorio, nello scorcio di fine secolo, prevalgono i temi dell’antichità greco-romana, il gusto per l’arte egiziana e per gli ornamenti in oro su fondo nero a imitazione della lacca cinese. La manifattura sopravvive anche alla Rivoluzione, nonostante una crisi profonda, e sotto Napoleone rinasce come Manifattura Imperiale, grazie all’abile guida dello scienziato Alexandre Brongniart, che la dirige dal 1800 al 1847. Nel 1804 la Manifattura cessa definitivamente la produzione della porcellana tenera e arricchisce la propria tavolozza cromatica, aggiungendovi il suo colore più prezioso, l’oro brillante, reso tale dalla brunitura; sviluppa la decorazione pittorica, rinnova l’iconografia, che esalta l’epopea napoleonica, e inaugura la riproduzione su porcellana di quadri celebri (Raffaello, Dujardin, Girodet ecc). Del 1809 è il famoso Service pour entrée, dono di Napoleone alla sorella Elisa, i cui piatti sono decorati da un motivo su fondo beau bleu con cigni ad ali spiegate, festoni e cammei in oro, un decoro ispirato ai motivi dell’Ara Pacis, capolavoro dello stile imperiale. Capace di adeguarsi ai cambiamenti, durante il periodo della Restaurazione (1815-1830) adotta nuovi temi, dipinti con maestria da Alexandre-Evariste Fragonard, figlio del celebre pittore. Il Secondo Impero vede un ulteriore rinnovo di temi e decori, ma anche il ritorno ai temi antichi, e la ripresa della scultura, accantonata per un certo periodo. Nella seconda metà del XIX° secolo si sperimentano nuove tecniche, come la pâte-sur-pâte, (un bellissimo e molto laborioso decoro a rilievo), e si elabora uno stile più moderno cercando la collaborazione di artisti contemporanei, come per esempio lo scultore Auguste Rodin. Intanto nel 1876 la manifattura si trasferisce nella nuova sede, nei pressi del parco di Saint Cloud, dove si trova tuttora insieme al Museo Nazionale della Ceramica. Tra la fine dell’ottocento e i primi del novecento l’Art Nouveau innesca un grande rinnovamento e porta a una produzione più vicina alle richieste del tempo; in quell’epoca, fra il 1920 e il 1930, collabora con la Manifattura un artista del calibro di René Lalique. Questo percorso, attento alla contemporaneità, prosegue attraverso tutto il novecento, e sempre più artisti di grande fama collaborano con Sèvres, rinnovandone il linguaggio formale. Fra i tanti, Roberto Matta, Richard Peduzzi, Ettore Sottsas. Ma la Manifattura Nazionale di Sèvres non dimentica la sua storia, e ancora oggi, accanto alle nuove produzioni, continua a fabbricare, in quantità limitata, i suoi splendidi manufatti con tecniche rigorosamente tradizionali: tutta la produzione è foggiata e decorata a mano. I collezionisti, oggi come ieri, sono catturati dai suoi deliziosi biscuits e dai servizi da tavola in stile Luigi XV, Luigi XVI e Impero. I marchi della Manifattura cambiano molte volte nel tempo, piegandosi al corso della storia. Alle due L azzurre incrociate (1745-1752), si aggiungono nel periodo reale delle lettere corrispondenti all’anno di fabbricazione, sormontate da una corona, solo per la porcelaine du Roi; durante la rivoluzione il marchio con lettere è sostituito da Sèvres R(épublique) F(rançaise), mentre durante il Primo Impero arriverà l’aquila imperiale con cifre e lettere ad indicare l’anno di fabbricazione. Ci saranno altri cambiamenti e infine, dopo il regno di Napoleone III°, si ripristina il marchio repubblicano, in uso ancora oggi.

Vaso Clodion, Museo del Louvre

Vaso Clodion. Parigi, Museo del Louvre

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Londra, Wallance collection

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