LE CENTO CITTÀ D’ITALIA ILLUSTRATE
TORTONA
EROINA DEL PATRIO AMORE
Fascicolo 281° CASA EDITRICE SONZOGNO – MILANO DELLA SOCIETÀ ANONIMA ALBERTO MATARELLI Prezzo Lire 1.
ANTICHITÀ CONSERVATE NEL MUSEO CIVICO
A sinistra. In alto : Statua curiale. — In basso: Lapide di sepolcro trisomo della famiglia Latinia.— A destro. In alto : Frammento di un « Bacco giovane » ; Stemma medioevale della città (1426); testa, forse di Augusto, in marmo lunense. — In mezzo: Sarco? fago di Elio Sabino Ill sec.), monumento importantissimo. — In basso: Capitelli del I secolo.
LE CENTO CITTA D’ITALIA
EROINA DEL PATRIO AMORE
Tortona, qui sul colle ove altre volle
furori gli artieri tuoi d’orme maestri
in congegnare méingani e balestri
a far tremende le tue torri folte,
fu teco il Popol da le vite molte,
ruppe Italia da’ tuoi fronti galestri,…
intorno orror di forche e di capestri
e carogne ne’ tuoi fonti sepolte!
Or tutto è pace,… fulvidi bovetti
a punteggian d’oro l’uberi pendici,
ride April con benigno occhio cilestre.
Da aduste ciminiere e aerei tetti
il Lavoro saluta i tuoi felici
nuovi destini, o Genova terrestre!
Questo il poetico commento alla figura posta in frontispizio e le due espressioni d’arte, veramente gemelle, vogliono auspicare alla città, che l’Abba detifli santuario del patriottismo italiano », l’aurora della rinascita.
E prova di vita novella è già per se stessa l’ampliata stazione ferroviaria tutta elettricità, con potente centrale, pensiline, sottopassaggi ed un insieme che ben mostra come qui si prepari un degno vestibolo alla grande Genova ed al primo porto mediterraneo. Conferma l’impressione gradita il nuovo ristorante, che, in omaggio alle direttive del Governo (e ben a proposito ove transitan più di cinquanta treni viaggiatori al giorno) valorizza, in una ricca Mostra, quanto di più squisito in vini, frutta, uve, latticini, salumi, dolci, pasticcerie offrono la Dertoninia ed il Monferrato, due regioni agricole fra le più progredite d’Italia.
I Tortonesi ricevuti dai Milanesi dopo l’eroica difesa della loro città». Quadro di A. Durini (Galleria Durini, Milano)
Uscendo nell’ampio piazzale colpiscono i richiami delle varie stazioni idrominerali ed alpine che fan corona alla città. Auto, a tariffa ridotta, portano con poca ed in breve alle Terme di Slice, alle acque della Maddalena (solfoiodurate) di Mongioco (sulfuree) di Sardiano (ferrolitiomagnesiache); ai ridenti capoluoghi montani di S. Seb a s t ian o , Garbagna , Varzi; alle stazioni alpine di Caldirola (alb. Raffo) e di Bruggi (Alb. Tamburelli) sulle falde dei Monti Giarolo (m. 1483) ed Ebro (m. 1701) a oltre 1000 m. sul mare.
LA CITTÀ ODIERNA
In attesa che la progettata arteria dell’ampio respiro di 18 m. porti rettili-linea al centro della città radiale verso piazza Roma.., ecco, un triplice viale di platani c’invita. La città è di fronte, addossata alla sua rupe di guerra; non cupole non torri, la legge del cannone grava ancora sulla Cattedrale massiccia.
Ma ai lati l’ orizzonte si allarga, una ghirlanda di vitifere colline tempestata di villini annuncia la bellezza incantevole di •anonami sconfinati e la ricchezza d’un’agricoltura che non teme confronti.
Nel piano lungo le arterie che si irradiano verso Genova, Milano, Torino, Bologna, le prime affermazioni dell’industria sono arra di ben maggiori sviluppi, poichè ben poche piazze uguagliano Tortona per felice ubicazione, per bontà di maestranze. Meritano cenno le Officine meccaniche e metallurgiche, con fonderia, specializzate per locomotive e materiale ferroviario, lo Stabilimento Orsi per locomobili e macchine agricole, lo Stabilimento Cigerza e Chiesa per costruzioni meccaniche, il Cotonificio Delle piane, la Fabbrica Esplosivi, Laterizi, Cementi, ecc.
L’agricoltura, vanto e ricchezza di Tortona, riceve saggi impulsi dalla Cattedra Ambulante diretta dal Prof. De Polo e novera agronomi valenti primo dei quali il Conte di Passalacqua Giuseppe Guazzone, il re del grano, alla testa di un grandioso commercio intercontinentale onde più di quaranta volte ha traversato l’Atlantico. Tortona è la naturale piazza di rifornimento per Genova e il suo porto, ma l’attrezzamento per questa sua vitale funzione alimentizia non vi è ancora completo per quanto abbia buoni capisaldi in vari impianti come l’azienda Fratelli Denari (salumificio, latticini, frigorifero) il Mulino Elettrico Torriglia, le Cantine Ricci (vino tipo Reno, Val d’Ossona, Champagne Brayde richiesti oltralpe e oltreoceano). Inoltre, alimentato dalla rinomata bachicoltura tortonese, il Seti. ficio Sironi, l’Azienda produttori tabacchi, Distilleria, Oleificio, Pastificio. — Tortona però, quasi vergogna il dirlo, manca di una Scuola Agricola, voto del Podestà Gr. Uff. Boragno..
La finanza locale prospera nei due istituti: Banca popolare e Cassa di risparmio che raccolgono un’ ingente somma di depositi, avviata .a raggiungere i 100 milioni. Contribuiscono con rilevanti erogazioni al progresso della città secondo un programma di rinnovamento propugnato in concordia dai due Presidenti Comm. F. Carbone e Cav. M. Barenghi.
L’ assistenza dispone di un magnifico Ospedale, recente costruzione degli architetti Gardella e Mediai, fornito d’ogni ausilio moderno. Ricovero di mendicità, Orfanotrofio, Croce Verde e Poliambulanza.
L’ istruzione mancò di appoggio da parte dello Stato, per cui l’alta tradizione dello studio tortone-se risalente al secolo X (Conv. • di S. Marziano) e propagata sino al tardo Settecento nello studio agostiniano della Trinità (illustrato da F. Antonio da
Tortona, dallo Scaglioso,
dallo Scarabelli e dal Vassalli Eancli, collaboratore -del Volta) appare oggi spezzata. Ammirevole è tuttavia la reazione delle forze locali all’ingiusta trascuranza. Per esse Tortona vanta un civico Liceo scientifico, un Istituto tecnico completo annesso al Collegio Dante, fondato da D. Orione. Rinomati istituti femminili; il Salesiano modernissimo in deliziosa postura collinare, il Vincenzino al centro della città, ambedue con scuola magistrale e corsi di perfezionamento. Affollata la Civica Scuola d’arti e mestieri. Fiorente la Scuola di Musica. Gremita quella di canto corale diretta da Marziano Perosi. Ampia sede ha il Liceo vescovile con l’Osservatorio (Arch. V. Romagnolo). grandioso l’edificio delle civiche scuole de?
corato di monumenti a Carlo Giacomini e a Tito Carbone, l’uno di T. Pozzi, l’altro di L. Bistolfi.
IL COMANDO
MILITARE
La piazza di Tortona fu sempre retta da un Generale, talvolta anche decora-Iato del Collare dell’Annunziata. Ma l’aggregazione del Piemonte alla Francia portò la scapitazione di Tortona, piazza e posizione per eccellenza .antifrancase. La brutta eredità lasciata dall’invasore straniero fu raccolta, senza reazione, dai passati Governi e solo negli ultimi tempi si restituì a Tortona parte del suo prestigio militare.
Vi fu stanziato nel 1884 un reggimento di fantenia, costruendo una caserma-modello fra le più grandiose d’Italia (Arch. Gen. G. Rosati) dedicata all’eroe di Novara Generale Marchese Passalacqua, ultimo della nobilissima casata tortonese. Nel 1917 veniva creata con i •Regg. 257-258 la Brigata Tortona e sul fronte Carsico essa rinnovò la eroica virtù del Comune che, primo affermava il Donec de Italia exeat. Nel 1922 si restituì a Tortona un’alta funzione militare ,designandola sede del Generale comandante la Brigata Farli (43-44). Ma fu per breve poiché nel 1927 i Comandi di brigata venivano soppressi. Tuttavia nell’anno successivo le veniva restituita, stanziandovi il 40 Distretto Militare, quella funzione territoriale che, già assegnatale da Roma, per ben diciotto secoli aveva esercitata’ con fulgida tradizione.
La Milizia volontaria vi ha il Comando della V Legione « Valle Scrivia ». La legione « Leoniero » accoglie i Balilla, fieri nepoti di Folchetto.
LA POPOLAZIONE
La popolazione che è per la Diocesi (ex circondari di Tartona, Voghena, Novi con qualche variante) di circa 400.0(X) abitanti variò assai per il capoluogo. Sui 100.000 abitanti all’epoca romana, li superò forse nei bassi tempi per declinare poi sino al Mille. Nel secolo X si inizia una nuova ascesa che culmina nell’età più felice del Comune, cui si attribuirono 80.000 abitanti. Nel Quattrocento era ridotta alla metà ed un secolo fa toccò il massimo della decadenza. Ora è di circa 23.000 abitanti ed in aumento. Gente fiera, laboriosa, intelligentissima, ospitale. L’avversione allo straniero ed il sentimento nazionale ne sono un carattere. Infesta ai Tedeschi nel medioevo, non lo fu meno ai Francesi e nel 1796 costrinse Bonaparte, dal Mincio, a ritornare al palazzo Garofoli per domare la rivolta dei montanari tortonesi. Anche nella breve invasione austriaca del maggio 1859, benché le autorità sconsigliassero reazioni, queste non mancarono e Garibaldi citò Tortona in un suo Ordine ai Cacciatori delle Alpi.
L’AVVENIRE
Il Fascismo comprende e risolleverà la gloriosa figlia di Roma.
Prefetti sdegnosi dell’iniqua tradizione rattazziana curano l’obliata montagna che si ravviva di strade. Si avranno : il ponte sul Po conteso da un secolo; la Direttissima Genova-Milano con i tronchi su Mortara e su Valenza; il raccordo Tor t on.aBorgotaro connesso alla Torino-Roma per Lucca e Siena; il Lago Barbara, fra i maggiori del mondo; l’annuale Mostra già auspicata dal Principe Umberto. Il Tempio votivo ad onore dei diecimila figli di S. Marziano caduti per la Vittoria, fu già iniziato alla presenza del Duca di Genova, impegno solenne innanzi al venerato Vescovo Monsignor Grand.Uff. 5. P. Grassi, Principe di Cambiò.
LA CULTURA E LA
SOCIETÀ STORICA
La cultura ebbe per il passato in Tortona le sue belle affermazioni nelle Accademie. Quella dei Politici che si vuol fondata sulla fine del Quattrocento dai poeti Luca , Valenziano, Matteo Bandello, Camilla Guidobono. Quella dei Rinnovati, nel Seicento, favorita dal Vescovo Arese; quella dei Rifioriti raccoltisi nel 1783 sempre sotto l’emblema del toro.
Oggi l’Accademia vescovile Leone XIII.
L’Istituto Tortonese che amministra il Museo, la Biblioteca e l’Archivio storico. Ad esso collegata svolge la propria attività la Società Storica della città e diocesi, che. pubblicò dal 1904 al 1917 il bollettino storico Julia Dario-ria con scritti di dotti italiani e stranieri e dei chiarissimi cittadini Soncino, Aldini, Ce-reti, Delle Piane, Legè, Lugano., Gatti, Garofoli, Pernigotti, Sanquirico.
Promosse i ricordi a Re Umberto, Passalacqua, Leardi, Carbone, Giacomini, Perosi. Restauri alla Torre — Corsi di coltura — Congresso storico — Biblioteche circolanti fondate in Castelnuovo e S. Sebastiano — Cassa di Risparmio — Mostre regionali — Comunicazioni — Valorizzazione della montagna e delle fonti medicali. L’assetto della Civica biblioteca con le sezioni : circolante, studi locali, bandelliana. L’archivio storica per la raccolta e custodia di documenti pubblici e privati, fondi di famiglie estinte.
11 Museo di Guerra per i cimeli e le memorie dei Caduti e combattenti della città, della Diocesi e circoscrizione del Distretto militare e V Legione Valle Scrivia.
Annualmente bandisce premi per trattazioni d’economia, storia ed arte locale, per l’agricoltura e l’edilizia; gare di escursionismo; di sci, di fotografia.
Amministra fondazioni (vincolate alla Cassa di Risparmio) ad onore di degni cittadini. Finora : Faustina Leardi, Felice Anfossi, Dott. Rinaldo
Fonda,, presso la Cassa di Risparmio, la Cassa di 5. Marziano per sovvenzioni senza interessi ai RR. Parroci per tutela del patrimonio artistico locale.
L’ARTE
L’arte apre il secolo XIX col .Mensi di Pióvera, Tirsi Capitini di Castelnuovo, Giuseppe Savina di Tartona; ma un vero movimento pittorico non si ebbe che in questi ultimi decenni attorno a due artisti primari quali Giuseppe Pellizza, pittore della luce e Cesare Saccaggi, pittore della grazia.
Sorprendente riuscì nella mostra del 1926 l’affermazione dell’arte tortonese con ben duecento dipinti dovuti, oltre che ai suddetti, a 13arabino, Boccalatte, C. Garófoli, Cavanna, Dassola, Fossati, Mina, Patri, Ronchetti, Sala, Silla, mancando Zampolini, Stringa e Vaccari, apprezzati in America.
LA MUSICA
La musica, passione vivissima dei Tortonesi (che fin dal IX secolo con spesa ingente facevan giungere da Costantinapoli uno dei macchinosi organi del tempo) dava fama nel Cinquecento a Francesca da Tortona chiamato da Andrea Doria alle sua villa di Fassolo pel ricevimento di Carlo V; a Isidaro da Tortona che nel Seicento musicava l’Andromeda del Cav. Bossi. E poi ancora ad Antonio Cagnoni di Godiasco, autore di celebrate opere come il Don Bucafalo, Francesca da Rimini, ecc.; a Romualdo ,Marenco di Novi, compositore dei balli spettacolosi -Sieba, Amor, Excelsior; a Vittorio Butti, autore di Ornóniza, che ebbe venticinque chiamate alla Pergola nel ’27.
Ma tutto impallidisce al nome di Lorenzo Per-osi.
Lo ricorda una lapide sulla fiancata del Duomo. Lì presso un piccol marmo sopra una porta modesta avverte: Questa casa è sacra al genio della musica… ed il genio della musica aleggia davvero su Tortona, è vivo nell’anima del suo ipopolo, balena nell’iride ai giovanetti meravigliosi, che dalla civica Scuola passano al Conservatorio con una passione che li fa vittoriosi d’ogni ostacolo e li accompagna poi in splendide carriere non solo in Italia, ma pel vasto mondo.
Deve essere infuso nel cielo, nell’atmosfera di Tortona qualche etere musicale, poichè questa divina fiamma dell’arte, che s’accende in esseri quasi ancor fanciulli e pur stupefacenti per la rapidità dell’intuito e la prontezza dell’esecuzione, ha del prodigioso.
Con tutto ciò Tortona non ha una scuola di musica proporzionata alla sua potenzialità artistica di cui lo stesso Per-osi non è clie un simbolo. Infatti il padre, il nonno, i collaterali furono e sono musici e maestri di razza; il fratello, Marziano, è autore, compositore vnlentissimo, direttore da non temer confronti coi più celebrati. Tortona ha intitolato al suo grande Lorenzo la dvica scuola di musica ed a tener alta la tradizione perosiana s’adopra pure il simpatico sodalizio degli Amici della Musica che coadiuvato dalla primaria casa di musica G. Riccardi, vanto di Torton,a, dà concerti sceltissimi che formano attrattiva anche per le città vicine.
DERTONINIA E “DERTONINA GENSS
Vedere una città è svago, comprenderla è studio. Tortona non è tutta in superficie. Profondissima negli evi, se non s’inquadra nel-suo ambiente biogeografico, se non la s’interpreta qual funzione del suo territorio, della sua topotesia, della sua gente riesce inesplicabile il contrasta fra lo splendore del suo passato e la scarsità dei monumenti superstiti, fra la potenza d’un giorno e la presente mediocrità, fra la scoraggiata apatia ancor diffusa e la fede con cui i migliori cittadini guardano oggi l’avvenire.
Le provenienze dalla penisola che mettono al centro della Toscana; quelle marittime e costiere che convergono a Genova trovano sbarrata dall’Apennino la loro -prosecuzione verso nord. Due gli antichissimi varchi : la Porretta ed i Giovi. Da questi le due longitudinali, procedendo verso la pianura incrociano la trasversale destropadana in due ‘punti omotetici, destinati a sede di due importanti città : Felsina e Dertona.
Ma mentre la prima ebbe, attraverso i tempi, sviluppo assai regolare talchè la pianta di Bologna è tipo di graduale concrezione, per Dertona il processo integrativo fu nel medioevo più volte violentemente spezzato talché l’icnografia tortonese rivela nella sua tormentata irregolarità le lacerazioni profonde e le ferite onde fu impedito il costituirsi allo sbocco del solco Poleevera-Scrivia di un grande centro gemello al bolognese.
E questo un fatto demografico scientificamente interessante, poichè ovunque la distribuzione dei centri urbani, la loro gravitazione, il loro equilibrio o si mantennero o variaron di poco, mentre nella Dertoninia non solo si formaron città nuove ma la loro gerarchia fu profondamente sconvolta.
Ciò che invece rimase immutato e per molti aspetti in contrasto colla nuova fioritura urbana, determinatasi per fatti volitivi o violenti, è il cantone, è il paese. è la Dertoninia.
È dessa che un tempo organicamente unita, prospera e considerata, oggi smembrata, senza nome La Cattedrale ed il palazzo vescovile.
cerca il suo perno, vuole la sua nobile tribuna onde aver voce dinanzi alla grande Italia e non può trovarla che in Tortona perchè. qui soltanto si potenziano i titoli del suo patrimonio morale, il suo mffiennare passato, il suo fulgido patriottismo.
Impressa come un sigillo nel versante padano del ligure Apennino fra i Giovi ed il Po, fra il contrafforte -del M. Antola e la bassura marenga; individuata geologicamente dal .classico assetto dei terreni terziari e dall’orlatura del Tortoniano, la Dertoninia costituisce una membratura a sè, un territorio di controllo e di dominio, ossia, strategico (di cui Tortona è la Gibilterra),.interposto alle quattro più importanti regioni d’Italia, d’ognuna partecipe, con nessuna confondibile.
Limite e figura diede ad essa il suo fiume, la Scrivia, di cui rappresenta il bacino integrale o posglaciale che giungeva sin verso Stradella.
• Le più importanti vallate di questo bacino sboccano tutte sopra un ugual parallelo nei dintorni di Tortona ove la Scrivia, che nasce maschio al Mi. Prela sopra Torriglia, sbocca in aliena pianura per raggiungere il Po dopo circa 90 chilometri di Corso. Men difficili perciò i cammini che concorrendo, nei limiti di una tappa, al natural perno fecero di Tortona il focolare primo della:Dertonina Gens, l’arce della comunanza vetusta.
Gente dertonina ch’ebbe in questo suo patrimonio territoriale gli elementi causali d’ogni sua vicenda. Padrona d’un paese corso dalle più importanti comunicazioni d’Italia, per tal privilegio essa avrà una vita di lotte, vedrà la sua città assurgere alle alte investiture di Roma, la vedrà poi, nel disordine medioevale, assalita e distrutta, la vedrà colpita da tutti gli invasori d’Italia, la vedrà umiliata per suprema ingiustizia anche da chi la doveva sollevare.., possa a-isalutarla annobiIita per volontà del romano Restitutore.
DERTONA COLONIA
I Romani son di ieri nella profondità delle italiche vicende e Tortona che Federico Sacco disse, per eccellenza, città della preistoria, benchè divenuta capoluogo di una gente ligure, non ebbe germe dai Liguri ma da navigatori, che risalendo dal Sùpero la Padania pei relitti del mare pIiocenico trovaron nello sperone biancheggiante del Savo la sede perfetta per un posto di penetrazione e di scambi. Certo vi eressero poi gli Itali un capitolo od un arca saxo fondata vetusto, se quando Virgilio, il più archeologo dei poeti, cantò dell’itala gente, Tortona si vantò Itala perchè la memoria dell’antichissima parentela non era perita. Basterebbe poi la testimonianza di quella torre Tarquinia, tenuta quasi palladio della città, per accertarla non estranea agli Etruschi, dimorativi forse commisti a quei Dectulenne Artemidoro. Dei Liguri, sì, ma dei suoi propri liguri, che la tavola di Polcevera (637) nomina come confinanti coi Genuates ai Giovi, proprio come av?errebbe oggi se i confini della Diocesi non fossero stati intaccati. E i due popoli fin dagli albori della vita sociale furono legati da comune interesse poichè già allora convergevano in Val di Scrivia, per proseguire verso la Zuena, commerci d’ambra, cera, miele, cacio, velli, cosicchè il costume si dirozzò qui più presto assai che non fra i limitrofi, generando nei Dectunines e nei Genuates quella simpatia per i Romani che li portò a favorirne l’intervento e il patrocinio. E Tortona era già ben romana fin dal 606 se allora la Via Postumia la congiunse a Piacenza e a Genova. Un vasto ager publicus doveva esservi a disposizione del Senato se sotto la pressione politica di Tiberio Gracco vi fu dedotta fra il 631 ed il 636 la colonia civium romanorum. Sangue di Roma e suo diritto, ricordiamolo. E non latinum nomen. La colonia clertonina più che al programma di bonifiche e di strade che si volgeva dai Romani nelr Emilia, fu connessa ad altri fatti. Primo alla necessità di costituire a tergo dell emporio genoate una piazza di rifornimento, come Aquce Sextice per Mlarsiglia.
Secondo alrurenia di provveder comunicazioni terrestri agl’importanti domini che per via di mare i Romani già avevano acquistati in Gallia ed in lberia.
Ecco perciò irradiate da Dertona la Postumia su. Genova (che oggi s’innova colla direttissima)« la Fulvia (629) per Valenza ed Asti alla Gallia; r Emilia di Scautro. (645) su Acqui e Savona, donde alla Provenza ed alla Spagna. S’imperniavano ad un tal nodo stradale i più gelosi interessi dello Stato romano, onde la cura di mantenerlo in un paese sicuro, prospero ed amico e soprattutto militarmente accentrato alla nuova colonia. Conforme a quanto .erasi attuato in Gallia ed in ‘balia al sistema cantonale indigeno fu sostituito quello basato in tutto sulla città presidiata dalle forze romane. Il cantone dertonino fu territorialmente mantenuto, ma le sue tre faggie ((Dertonina,Iriense e Libarnense) furono strettamente subordinate al nuovo organismo coloniale la cui pertica si estese ai castri ed alle colonie complementari. L’ordine e la gerarchia furono militarmente fisse. Ma il fatto che pmtò Dertona al massimo splendore fu la deduzione della colonia Giulia e la conseguente primazia sulla /X Regio di Augusto.
Si costruirono allora con magnificenza i granai di Stato, le terme e di conseguenza il grandioso acquedotto che studiato dall’Ing. Pugno conferma colle sue dimensioni, l’importanza della città romana. Essa misura nel vano cm. 175 x 75 mentre quello di Acqui è di 110 x 60, il Claudio in Roma 112 x 90 e quello di Libarna 95 x 40. Nulla sappiamo di Iria, che è del tutto scomparsa.
Dei monumentali sepolcri che fiancheggiavano le vie consolari rimangono grandi ruderi verso la Capitania, al Groppo, al Mulino nuovo e presso S. Matteo. Ma il più suggestivo segno qui attestante il genio di Roma è da vedersi nelle traccie della centuriazione coloniale.
IL MUSEO ROMANO
Fondando il Museo civico mi lusingai comporre per la Gente Dertonina il libro della sua gloriosa unità. L’idea di trasformarlo in Museo di Stato pel distretto archeologico della Colonia Giulia (Dertona, Iria, Libarna, Clas.tidium, Camillomagus) fu propugnata dall’ illustre Schiaparelli ed apprezzata dal Ministero. Confidiamo possa divenir realtà!
Nel salone al centro, il maestoso Sarcofago di Elio Sabino (età di Gallieno), fra i più belli che si conoscano. Porta iscrizioni latine e greche e ricca decorazione a bassorilievi raffiguranti Castore e Polluce, la Caduta di Fetonte, Giochi infantili, Il buon pastore. t importantissimo qual monumento cristiano precostantiniano e sta a solenne testimonianza del culto di S. Marziano e dell’antichità subapostolica della Chiesa tortonese.
Intorno, grandi lapidi funerarie dei Latinj, Corninj, Arruntj, Vettj, Vassidj, Petronj ecc. Su tronchi di colonne, capitelli corinzi, in marmo, di squisita fattura e d’età augustea provenienti dal Savo. Di fronte, trabeazione a cliglifi e rosoni, d’età repubblicana, modellata sul tipo del sarcofago di Scipione Barbato.
Bacco giovane — frammento.
Testa in marmo di statua del I secolo (Augusto?).
Frammento di sontuoso pavimento a mosaico studiato dall’Albizzati. Esiste intero nel sottosuolo e l’estrazione non costerebbe la metà del suo valore.
Statua di curiale romano posta sovra base marmorea inscritta ma non sua; importantissima in quanto attesta le benemerenze del tortonese C. Metilio patrono del Foro Iriense (Voghera).
Idoletti, crinali, fibule, armille, lacrimari, lucerne,
monete, medaglie, tintinnabuli, pesi, urne, molini a
mano, figuline, taveIloni, laterizi diversi con impronte.
Complemento della visita al
Museo è una gita a Libarna, la città clertonin,a scomparsa nel sec. V. Resti interessanti del Teatro, dell’Arena, della Basilica, del Foro. Bastano due ore; auto alla Stazione.
LA CHIESA
DI S. MARZIANO
L’ importanza assunta da
Tortona come città iprimaziale della IX Regio, la sua attività come centro di transiti e di commerci, la sua funzione di lontana janua Rorrux per tutte le provenienze dal mondo sud-occidentale (dato che la via da Genova a Luni non fu frequentata, nè potè mai lontanamente competere con l’Emilia, vera regina ciarum del settentrione)
o sviluppo degl’interessi romani nella Gallia meridionale, la annessione dello Stato greco di Marsiglia, e i più frequenti contatti col mondo orientale che per tale via ebbe Tortona (ove la Sc.aura oggi ancora si chiama cli (Massaia), lo sviluppo in loco d’una ricca comunità giudaica, furono gli elementi che dove-van favorire l’affermarsi del primitivo cristianesimo in Tortona.
i s’incontrarono due correnti diffonditrici della buona novella, l’una da Roma, l’altra dal basso Rodano, talchè vi sarebbe da stupire se il Cristianesimo qui non si fosse manifestato prestissimo e non vi avesse avuta un’affermazione vigorosa, non come conversione di masse ma come diffusione sporadica in tutte le classi sociali.
S. Marziano (75-122) è il primo vescovo di Tortona. Tutta la IX Regio è piena del suo nome. Dove fu decapitato sorge ora un sacello. Dove fu sepolto da S. Secondo d’Asti, in area privata forse della gente Elia, si costituì un cimitero. Qui il sacro caput cui si imperniò la tradizione della Chiesa tortonese non estinta mai sino all’editto di Costantino (313).
Vescovi di grande attività sono ovunque segnalati a quest’epoca. Tortona ha Innocenzo Quinzio di gran famiglia, ricchissimo e di straordinario zelo. Egli ripone in onore la tomba ai S. Marziano e vi erige sopra una chiesetta. Altre tombe eran presso quella di S. Marziano e le lascia, ma, nel 1599, facendosi scavo presso gli avanzi ai quella chiesa (presso il Gaz) escono in luce le lapidi criptocristiane ora nel Museo,esce in luce il sarcofago di Elio Sabino coi magnifici bassorilievi simbolici (scarpellato l’unico men conveniente) con l’iscrizione analoga a tante altre cristiane edite dal De Rossi, con motti greci come eran greci parecchi riti dertonini.
Questo monumento d’immenso valore ci rivela come la primitiva comunità cristiana tortonese fosse saldamente poggiata a famiglie potentissime di cui talune protette da salvaguardia sperare restituzione se prevalgà un più illuminato e generoso sentire.
Del Vescovo S. Innocenzo Quinzio in• poi la Chiesa di S. Marziano ebbe continuità ma non regolare svolgimento, poichè se l’ascesa di Tortone non fosse stata troncata con le più efferate violenze, la sua Chiesa avrebbe certo conseguito dignità arcivescovile. Invece nel secolo XIV fu privata del palio che usava ab immemorabili, confermatole dopo le prove affrontate nella lotta contro i Saraceni; fu decurtata in ogni senso dal sorger di diocesi limitrofe e da altre cause politiche e guerresche. Dopo breve soppressione imposta dallo straniero (1805-17) riacquistò la zona orientale perduta sotto Teodosio, ma lasciò terre importanti fra cui il Bosco patria di S. Pio V (nato però ai sette Olmi presso Tortona). Alla memoria del Papa di Lèpanto, gloria della diocesi tortonese e tanto venerata dal regnante Pontefice Pio XI, deve Tortona quella partiColare benignità che il Papa sapientissimo trasfuse nelle scultorie parole dirette ai pellegrini della Diocesi :’Figli di S .Marziano, ci è caro salutare in voi Tortona, l’antica, la generosa, la forte!
La Società Storica si propone farle incidere sul fronte della Cattedrale che splende oggi nella luce di nomi venerandi : l’Eminentissimo Carlo Perosi Cardinale di Sant’Eustachio, Prefetto della C. Conciatoriale; l’apostolo dell’Eritrea Padre Michele da Carbonara; il fondatore dell’opera della Divina Provvidenza D. Orione, novello D. Bosco; l’illustre Maestro del Pontificio Istituto Biblico P. Alberto Vaccari.
IL COMUNE
Coi Longobardi insediati in Pavia progredì lo smembramento della Dertoninia romana e parte ne cadde sotto l’influenza della capitale barbarica.
Nel periodo carolingio in cui si intreccia’ n qui visite di pontefici, incoronazioni e prigionie d’imperatrici ad incursioni d’Ungheri, di Saraceni ed a gesta di paladini appare la viguerie del Vescovo (Voghera) esule dalla sua sede divenuta l’Alba Spetia dei Mori.
Ma cogli Ottoni Tortona diviene un corpus separaturn e sotto l’egida episcopale sorge il Comune cui la Diocesi è natural campo ‘di patronato.
Dopo il Mille s’effonde uno spirito nuovo. Il Califfo concede ai Cristiani un quartiere in Gerusalemme. I contatti con tutte le sponde mediterranee si intensificano. S’iniziano le Crociate; squadre di tortotnesi volgono ai luoghi santi e Leoniero ne personifica le gesta. I trovadori vengono agli ospitali castelli tartonesi, ove sospiran le dolci rime di Alberto Malaspina. Mia l’ assetto feudale era l’antitesi delle nuove esigenze commerciali. Torto-na inizia la opera di liberazione. Le consorterie son tolte di mezzo, i castellani costretti all’abitatico diventano i milítes. Per un carro di merci che da Tortona vada a Genova si sa ora doversi 12 danari e basta!
Voghera, Novi, Castelnuovo, Viguzzolo. Pontecurone, partecipano alla vita tortonese. Uno spirito di fratellanza, che si affermerà poi negli Statuti, corre tutta la Dertoninia ed è per questo che Tortona sola,. ammonita da spaventosi eccidi,. osa sorgere e snudare la spada_ contro il lurco appaltatore
vendette, sfruttatore di discordie intestine. Donec de Italia exeat.
L’EPICO ASSEDIO
Con la sfida dell’imperatore tedesco Tortona attinge i f astigi della Storia.
E una vampata ma ne rossaggiano le torri di tutte le cento città; è un baleno ma esso. illumina le alte mete verso cui la nazione ascende.
Pro tribus donis similis Terdona leonis.
Al principio del sec. XII ferveano fra noi forze unificatrici. Milano, coll’aiuto di Genova e di Pisa, aveva espugnato Coma dopo una lotta decenne. Altre superbe cervici dovevano piegare. Era una coalizione potente capace di determinare oasi straordinari in tutta Italia e far dell’Alpi in breve una barriera insormontabile.
Ma l’Italia, colle discordie perenni delle sue ricche città, era la vigna dei Tedeschi, era la risorsa dei suoi imperatori squattrinati e la base necessari& al prestigio della sacra corona.
Federico appena eletto fu pressato a calare in Italia. Urgeva impedire che la triplice italica si consolidasse e che Milano attuasse un programma di liberazione nazionale. Occorreva colpire Milano.
Scesa in Italia si accorse che non ne aveva 1e forze. La città vastissima, appoggiata da alleati sicuri, sarebbe stata la sua trappola. Era necessaria una larga preparazione ed egli iniziò la marcia di accerchiamento. Ebbe con sè i Novaresi, i Vercellesi. Passò il Po. a Testona e qui gli si cambiò il vento. Chie-ri gli negò omaggio. Egli ne fece unrogo. Asti gli chiuse le porte. Egli la rovinò e le suscitò contro la città che, per la Lega, divenne poi Alessandria.
Tali feroci vendette dovevano atterrire Tortona. Qui sbagliò. Tortona tenne. Perchè ?… Perchà la Tortona v’era la concordia!
Perchè Tortona era col suo vescovo e con Roma; perché patrizi e popolo, artieri e montanari, furono tutti d’.un cuore. Persino Opizzon Malaspina, marchese nella marca obertenga, era con Tortona.
Ora tutto il resto è cronaca, ma la morale è qui. Un piccolo
popolo solo, abbandonato da
tutti, ma concorde, sfida l’im?
peratore straniero e sostiene
per oltre due mesi (12 febbraio-16 aprile 1155) una lotta immane cui pon fine non la forza, ma l’inganno.
L’assedio militarmente falli al 13arbarossa. Per la causa italiana fu un successo poichè diè tempo a Milano ed a Genova di fortificarsi. Per finirla coi Tortonesi ‘Federico applicò il consiglio di Fotino. Finse di trattar la pace e quando i combattenti si presentarono per consacrarla solennemente li fece imprigionare, approfittandone per invadere la città estorcendo poi anche danaro (lo dice il Caffaro) ai disgraziati presi a tradimento.
L’incoronazione trionfale che egli si regalò tosto in Pavia, dice come sentisse d’averla scampata per miracolo. i Tortonesi non falliron di molto. L’esercito di Federico a tipo feudale, già raccolto da tempo, provato da un inverno aspro, si manteneva a fatica. L’avvelenamento dell’acqua e l’inganno vile decisero di tutto.
Letterati e artisti sempre attinsero alla storia di TOT-tana e a questo episodio gloriosissimo : Niccolini, Pellico, Tommaseo, Cercano, arese, Carducci, Ga-stateli, Giulini, Aixenti, Pogliaghi, Edel ecc.
La condotta di Federico dopo l’assedio è d, chi abbia riportato una vittoria di Pirto. Le perdite furon certo considerevoli se due principi di gran sangue, Cadolo ai Baviera e Giovanni di Sassonia, vi lasciarono la vita.
Tenne a segno i Pavesi. Voleva anzi ricostruire la città ghibellina a Pontecurone. Ma poi la lasciò ricostruire dove .era e potè così, dopo- pochi anni, spillar altra forte somma agli implacabili Pavesi, per autorizzarli a rovinarla una seconda volta come fecero nel 1163 con esecrando furpre.
Eppure Tortona si riebbe ancora ed al principio del secolo XIII era fra i più potenti Comuni lombardi. È una vitalità che ha del portentoso.
Ma ormai sarebbe stato pazzesco sottoporla ad altre
prove. La Lega, inquinata da aderenze malfide, era
stata incerta e tarda nel soccorrere Alessandria frater?
namente aiutata da Tortona. ‘Federico s’aggirava po?
tente attorno al suo perno, Pavia. A lui s’erano strette
Genova ed Asti. Una terza distruzione di Tortona era
alle viste. L’accordo del 1176 tolse che la già meditata
infamia si compisse ma non impedì che spade tor?
tonesi balenassero a Legnano.
Tortona ebbe le libertà cui mirava e più per accordi che per guerre ricompose il suo dominio. « Anche cui rebelli determino rno volerli cum ogni, modestia reduerli a la obeclientia ». L frase che dice tutto! Non conquista, ma patrocinio : Tortona aveva ormai mostrato agli Italiani, persin con lo slancio eroico delle sue donne, contro chi fosse santa e gloriosa la guerro.1
Ma ormai per essa il gioco , politico si fa assai serrato. Non è più Pavia soltanto che occorre fronteggiare. Genova, cresciuta, arricchita, toglie a TOT-tona il primato ligure. Nel 1122 passa il Giogo e con la presa di Fiaccone e Voltaggio intacca il tortonese. Nel 1248 a spossessar Tortona l’aiuterà un suo Papa.
Alessandria sorta in territorio tortonese, da genti Dertonine, divien presto -un’Antitortona. Dominate da Pavia e da Genova, ad osteggiare l’antica madre sorgon le città di Voghera •e di Novi. Tortona fu serrata da un brocco che, pur troppo, ancor dura.
ARTE E MONUMENTI MEDIEVALI
Dopo la pace di Costanza (1187) che segna il trionfo delle libertà comunali, è ovunque un fervor di costruzioni. A Tortona sorge il nuovo palazzo del Co-mune a Porta del Pozzale, che doveva esser gran. dioso, se quando fu demolito per le fortificazioni (1653) lo si segnalò come il più vasto dello Stato.
Unico avanzo ne è oggi il Cisternone. 11 vecchio palazzo, sul Ronchetto, fu trasformato in zecca, battendosi moneta d’argento sulla base del soldo imperiale di 12 danari in grossi (4 d.) mezzani e quartini.
11 Civico Museo possiede una bella (raccolta di tali monete, mentre manca delle monete vescovili, limitate per altro al sola scudo d’argento coniato dal vescovo Settals come marchio Alberiae.
Si lavora nel XII e XIII secolo alla badia di Rivelta (monumento nazionale), connessa all’azione di S. Bernardo ed esibente oggi ancora (pur nel deplorevole abbandono in cui è tenuta) uno degli esempi più interessanti di grande azienda agricola cistercense, con chiesa archiacuta a tre navi coperta dagli affreschi della scuola tortonese; chiostro, sala capitolare d’influsso francese, ecc.
Si alzano torri, si aprono ospedali. Si lavora alla antichissima basilica di S. Maria dei Canali (unico edificio che almeno nell’impiego di taluni materiali si colleghi all’età innocenziana) dotandola di brutte volte a crociera in contrasto col suo organismo di basilica twiabsidale a travicelli, forma che dovrebbe esserle restituita anche per ragioni d’incolumità. Sorge il Convento eli S. Francesco e la chiesa a tre navi della Trinità di cui restan vestigia con motivi trecenteschi. Apron le loro case gli Umiliati (in pietoso abbandono, interessanti resti con affreschi nel cortile del Municipio) alla cui azione va connessa l’industria tortanese dei pannilani, col guaiti°, risorsa economica del Comune medievale.
Cimelio dell’età comunale nel Civico Museo, l’arca del 1210 scolpita in blocco marmoreo romano. Pro- viene dalla distrutta (cosa non si è distrutto a Tortona?) monumentale chiesa di Santo Stefano ed è tipo della nascente scultura lombarda.
Parve attribuibile ai Da Bis-sono, ma c’è pur ragione di ritenerla d’artista locale, come era quell’Alberto che scolpiva nel 1183 la. lunetta di Castelnuovo. Ciò t an to più che nel sec. XIII abbiamo pittori tortonesi come Gualterio ed Opizzino, magistri cui forse appartiene la tavola con la Vergine in fondo d’oro a San Matteo, già ritenuta di scuola senese.
Da questi artisti ignorati si svolse con continuità la tradizione artistica tortonese che, pur tralasciando Marziano da Todona (miniatore) vigoreggiù nella bottega dei Rasili°, dei quali conosciamo i fratelli ,Manfredita 1496) e Gabriele, e più tardi un Franceschino, autori di innumerevoli affreschi che ancor si ammirano in Tortona (S. MI. Canali-Annunciata) in Rivalta, Pontecurone, S. Alberto di Butrio, Pievi di Novi e di Volpedo, ecc, e di tavole a Cavi (ora all’Accademia ligustica) a Carbonara ecc.
Né la bottega dei Basilio era la sola. Il magnifico polittico Né la bottega dei Basilio era la sola. Il magnifico polittico dell’Ospedale di Vigevano (1505) attesta la attività e la rinomanza di Giovanni Quirico, anch’esso fedele a quel tradizionalismo lombardo di cui, nel campo della scultura, conserva Volpedo un saggio nella lapide di Parino da Tortone con bassorilievi di lacopino da. Tra-date (1426). Né van scordati i maestri di tarsia Andrea ed Anselmo Fornari, Michele Pantaleoni, operanti a Genova e Savona.
Anche in Tortona si affermò il rinnovamento vin-ciano e lo mostrano le opere di Alessandro Berri (1550) in S. M. Canali (La nascita) ed in Castelnuovo (La Cena). Chiude il Cinquecento Scipione Crispi di cui si trova nel Museo una grande tela (1592) pur troppo guasta.
I VISCONTI SFORZA
Lo sviluppo commerciale così splendidamente affermatosi nei Comuni italiani era pur troppo alla mercè delle fazioni. Intrinseci ed Atrinseci paralizzavano con le loro lotte la vita di Tortona che dopo aver ondeggiato fra il Pallavicino e lo Scotto, Guglielmo di Monferrato, la Chiesa, i Torriani entrò in fine nell’orbita di Milano con Luchino Visconti (1343).
La vita cittadina perde il suo contenuto politico e prende rilievo solo da fatti staccati come nozze cospicue, passaggi di grandi ma più spesso ahimè, da incursioni, saccheggi ed altri episodi del genere. Fra i casi lieti son le nozze avvenute in .Tortone nel gennaio 1489, con spettacoloso apparato, fra Galeazzo Visconti ed Isabella d’Aragona. Richiamano l’epoca i bei tondi del Rinascimento, ora nel Civico Museo, con lo stemma dei Botta ed altri a medaglione; come pure la casa archiacuta di Corso Leoniero, altra in via Pinta e preziose altre architetture in Sale, Castelnuovo, Pontecurone.
Fra i casi più tristi ricorderò il feroce saccheggio dato alla città dalle bande ausiliarie francesi di Ivo d’Allègre nel 1500. Quale prezioso patrimonio andò involato o distrutto! E però non possiamo più mostrare il sontuoso palio in tessuto d’oro che l’Imperatore Massimiliano offriva con sessanta ducati all’altare di S. Apollonia, dopo aver ascoltata la messa nella Cattedrale antica (1496). Egli si era fermato apposta a Tortona per compiere alla basilica veneranda la visita che una moltitudine di fedeli d’ogni paese aveva nei secoli compiuta.
I pellegrini che dall’occidente andavano a Roma, ricalcando le vie di Roma avevano da Tortona la prima visione specificamente italica. Folta di torri, ammantellata di macigno, essa splendeva sulla luminosità delle aurore e dei tramonti, pari a una città di fuoco sui limiti d’un regno sacro. Come a Fiesole, a Cortona, ad Assisi, a Spalato, a Perugia, a Todi, a Siena, ad Arezzo, ad Orvieto, come a tutte le mei anguste dell’antica razza imperiosa, alzava Io sguardo chi la salutava. Chi voleva visitarla si incamminava dai borghi su per le cordonate dai gradini lenti, riposava ai ripiani di cotto e di sarizzo… dalla i o-manica Canale, dopo aver sorseggiato l’acqua fresca della fontana marmorea e bellissima; per la rampa di S. Domenico (ma perché non restaurarla?) o da Loreto vignolesco su per Santa Maria Bambina, o da S. Martino archiacuto per l’altura solitaria di Sant’Eufernia.., su col ritmo sommesso d’una lauda, su fino alla Cattedrale miracolosa ove eran « infinite, pretiose reliquie ci cuorpi venerati di Santi ».
Là giunto non vedeva attorno che monti poichè anche l’immensa pianura era umiliata dalla maestà delle Alpi.
LA FORTEZZA E LA CATTEDRALE
Col costituirsi delle signorie e poi dei vari Stati regionali prevale qui il fatto militare e tutto si impernia nella fortezza. Dopo progetti che risalgono a Lodovico il Moro e cui forse non fu estraneo Leonardo, consolidato il dominio di Carlo V si venne circa il 1550 alla trasformazione del castello a caditoje in cittadella bastionata per artiglierie opera di ampio sviluppo che spazzò dal Savo una buona metà della città alta.
Fu allora adottata la combinazione dei due elementi che costituirono poi sempre l’organismo della cittadella ossia la ridotta rettangolare superiore e l’opera a corona sottostante; il forte alto ed il forte basso. La Cattedrale innocenziana fu espropriata e chiusa. La nuova, plagiata dai freddi moduli vitruviani diffusi allora dal Vignola, fu tuttavia una delle maggiori costruzioni lombarde del tardo Cinquecento (1574-83). Pio V vi interessò forse il suo Dafnti da Perugia e gli artisti della sua Santa Croce. Certo se ne occupò il Pellegrino Tibaldi, ma nel complesso l’edificio sembra opera dei matematici delle fortificazioni. Il Bruno ne rivestì la facciata ispirandosi all’eccellente modello del Clementi per il Duomo dì Reggio Emilia, ma gli scarsi mezzi non gli permisero nè vigor di rilievi, nè gioco d’ombre portate cosicchè l’opera appare inespressiva e piatta, pur essendo facile l’ arrobustirla. L’ esterno ed il campanile rimangono da portare a finimento. L’interno, pur con alquanta pesantezza, non è privo di maestà ed ha opere di pittura e scoltura pregevoli, un sontuogo altar maggiore già nel S. Tomaso di Pavia; tutto però del XVII e XVIII secolo. Più recente l’organo del Serassi di Bergamo, sacro alla gloria del Cigno di Tortona. Egli vi impennò l’ala di quel suo canto immenso che doveva salire alle cupole di S. M
LA REGINA CRISTIERNA E S. M. ‘DI LORETO
Cristiania (1521-90) figlia di Cristiano re ai Danimarca e di Isabella sorella di Carlo V, sposando in prime nozze il Duca di Milano Francesco Sforza ebbe a garanzia della propria dote il possesso di Tortona ove ella teneva un magistrato. Solo nei suoi tardi anni pensò di stabilirvisi nel segreto intento di ottenerla ereditaria.
Promosse lo studio tortonese e lo dotò di biblioteca; eresse chiesa e convento di S. Caterina. Si interessò alla vita del Comune, procurò la pace con Ravenna, fece ricercar documenti, donò reliquie, arredi, arazzi. Partecipò con pompa all’inaugurazione della Cattedrale. Ornò S. M. di Loreto che era la chiesa della sua devozione e del suo voto, la chiesa dove certamente ella pregò avendo a fianco la marchesa Menta Gonzaga di Castiglione ed il suo figlio (S. Luigi) venuti a visitarla nella primavera del 1580
La chiesa di Santa Maria di Loreto serba qualche traccia di restauri dell’epoca, ma priva del suo migliore ornamento ch’era la cupola attende che un’anima generosa, devota della Vergine, la ridoni al pristino splendore. Una basilica con tali ricordi nello stato odierno fa pena!
GUERRE ED ASSEDI
Col Seicento bisogna immaginare Tortone come posta sul dosso d’un vulcano. Per due secoli si succedono a tratti crisi terribili. Nè v’è tempo di riparare ai disastri dell’una che l’altra sopraggiunge. La pura cronaca è pér se stessa eloquentissima.
1609. Il 9 settembre, fulminata, scoppia in Castello le Santabarbara. 500 barili di polvere. Una catastrofe enorme. I massi volano a colpin- disgraziati a tre miglia dal forte. Scompare la Cattedrale, S. Giorgio; rovinano S. Maria Bambina, S. Domenico, S. Giovanni in piscina, S. Andrea, S. Nicola°, il Collegio dei Gesuiti, il palazzo Della Chiesa, il Pretorio, ecc.
I ruderi duravano ancora quando sopraggiunge il turbine del
1642-43. Guerra per la successione di Piemonte; due mesi d’assedio seguiti da quattro di blocco a parti invertite. N’esce l’effimero Principato di l’or-tona per Tomaso di Savoia. Precipitano le cupole di Loreto e S. Bernardino.
1706-34. Guerre per la successione di Spagna e Polonia. Due assedi. Il Principe Eugenio prende Tortona cogli Austriaci. Poi la espugna, con l’aiuto dei Francesi, Re Carlo Em.
1745-46. Guerra per la successione d’Austria. Un assedio, poi tre mesi di blocco a parti invertite. Tortona passa a Casa Savoia e trova in Vittorio Amedeo III un Te che ne comprende il valore. Egli venne in persona il 7 giugno 1773 a porre la prima pietra dell’imponente fortezza, capolavoro del Generale Conte Bernardino Pinto di Bianzè.
1796. Bonaparte occupa il Forte di S. Vittorio per il trattato di Cherasco e vi trova i bei cento cannoni che gli permetteranno le nuove conquiste.
1799. Reazione Austro-Russa che finisce d’imperniarsi su Tortona col lungo assedio di quasi quattro mesi, mentre Macdonald è battuto alla Trebbia e Moreau, che spera liberare Tortona, è sconfitto a Novi.
18 O 0. Riscossa francese, che pure s’abbatte su Tortona., dove il Primo Console pane il quartier generale (Torre Garófoli) per la battaglia che ebbe prima nome di Tortona e Napoleone battezzò di Marengo.
Iniziate le trattative di pace, il timore di dover restituire Tortona al Re di Sardegna decide della distruzione del superbo suo forte : di cui ci è pur rimasta un’immagine nel prezioso acquarello del Bagetti donata al 11Vhuseo dalla famiglia Brezzi. Scomparve così nel 1801 l’opera mirabile cui avevan lavozato gli ingegneri Berretta, Varesio, Prestino, Casnedi, Rinaldi, Campione, Bertola, Pinto. Chasseloup. Fu l’annientamento della città poichè mancato l’alto Comando militare, fu tolto il Tribunale, soppressa la Diocesi e Tortona, che nella mente del suo Re era -destinata a capoluogo di un dipartimento vasto come la Diocesi, fu ridotta al nulla.
L’invasore straniero non la colpì tuttavia nel territorio. Questa ingiustizia doveva compierla un ministro che ne fece la Cenerentola dai 5 voti in una provincia per natura estranea alle sue più vive aspirazioni.
Tortona, can la raccolta napoleonica nel Civico Museo, onora il grande che, dando all’Italia un esercito, pose le fondamenta vere della libertà e indipendenza della Patria.
,-..ualche cosa di tortonese aveva, del resto, anche Napoleone la cui balia era di Basaluzzo, la cui corona fu assicurata dai barcaioli tortonesi che raccolti da D. Guazzone traghettarono le truppe di Desaix traversa la Scrivia in piena. Circostanza che fu decisiva per la vittoria del 14 giugno 1800.
NELL’ ITALICA EPOPEA
A Marengo non v’era la legione italica, essa però poco .dopo calcava la via di Trento ed espugnava quella città che soltanto la grande guerra doveva dare all’Italia. E così nacque e si rafforzò quella fede che già nel 1514 s’affermava nella congiura militare contro l’Austria. Ne fu l’anima un. tortonese, Giovanni Sovera, e nelle carceri di Kufstein scontò il suo ardore.
Successe il generoso tentativo del 1821 ed un altro tortonese, il capitano Luigi G. Cavalchin.i, del nobil ramo della Cavigiola, lo scontò nel forte di Fenestrelle.
E giunse il ’48 fatidico.
%lana insorge e i tortone-si volontari accorrono. Ad essi il Governo provvisorio affida l’esecrato Bolza, con splendida attestazione che leggesi nel Mused.
11 Generale ‘Mlarchese Passalacqua è inviato dal Re a Milano per portarvi incitamento ed assicurazioni di soccorso. Domenica Carbone, che coi suoi canti animosi aveva affrettato la riscossa, marcia coi bersaglieri al
Il vecchio Generale Marchese Busseti, venerando per le ferite di Wagram e della Moscova, riprende la spada.
L’anima di Tortona è tutta coi prodi suoi figli.
.Una sala del Civico Mbsco è consacrata a queste memorie e dice quanta passione e quanto sangue occorse per poterci orgogliosamente chiamare col nome di italiani.
Il 28 marzo 1848 Carlo Alberto a cavallo traversava Tórtona ricevendo in piazza del Duomo l’augurio della città delle resurrezioni.
Augurio che non falli alla buona causa chè il Tortonese diede ancora al 1859 i buoni auspici col primo scontro a Gastelnuovo e la prima vittoria a Montebello.
Napoleone III fu a Tortona il 21 maggio. Un asses’-: sore gli parlava francese. Egli lo interruppe dicendogli : « Ma parli italiano,.., crede che io non lo sappia? ».
Nel 1860 la spedizione dei Mille ha in Alberto Leardi una fulgida figura. Medaglia d’oro al caduto di ‘Milazzo fu la stretta di Garibaldi.
Medaglia d’oro nel 1866 fregia il Generale Antonio
errari che sgómina col suo 64° gli Austriaci a Monte Croce, più fortunato del Generale Passa-l’acqua, medaglia d’oro,
per l’eroico suo olocausto a Novara.
Medaglia d’oro: Ernesto Cabruna, l’aquila della III Armata e poi i figli adottivi legati a Tortona da cari affetti :
Medaglia d’oro: Chiaffredo Bergia eroe del dovere; Ernesto Guala eroe del volere; Giovanni Randaccio eroe compiuto; Federico Zuccaro epico eroe.
E nel campo. militare sempre degni d’onore: Carlo Mi – rabello • Ammiraglio, Ministro rinnovatore dell’Armata.
Achille Cavalli Molinelli, Generale medico, con il Duca degli Abruzzi arditissimo esploratore polare.
Giuseppe F. Ferrari, Generale d’Armata, già capo di Stato Maggiore -dell’Esercito.
Saluto ed onore abbia qui la Brigata Tortona (257- ,253) che, due volte celebrata dai bollettini di guerra, legò alle sue bandiere la medaglia d’argento portando il nome ,f_jella città, che ‘seppe tanti ardimenti, sui campi degli ardimenti supremi.
Saluto ed onore il valoroso 430, che pel cuoi- tortonese non ha numero nè nome, perché è il nostro reggimento di gloria e d’affetto.
Saluto e onore i morti dell’alleata Nazione Inglese composti nella terra di Tortona, ove fu la base delle truppe che fortemente pugnarono al fianco delle italiche
Saluto ed onore, e sia il più alto, i nostri diecimila eroi; nostri cji Tortona, •di Voghera, di Navi di guieuij te città e terre affratellò
Marziano, morti per far la Patria grande, vivi nell’Italia immortale!
A sinistra, In alto: «Vergine» del sec. XIII, attribuita ad Opizzino da Tortona. — In basso: Stemma Gambara (1584), sul por?
tone del Palazzo vescovile. — A destra. In alto: Arca dei SS. Stefano e Innocenzo (1210). — In mezzo: « Madonna e Santi»,
polittico di Manfredino da Basilio. — In basso : Trittico di Macrino d’Alba (1499), nell’Oratorio Vescovile.
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